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OSPITI
Madonna, Sting, U2, Prince: sono solo alcuni degli artisti con cui Stefano Senardi ha lavorato. Uno dei più grandi discografici italiani. Alla registrazione di ‘Domani’, lui c’era.
A 13-14 anni Stefano Senardi andava nel negozio di dischi vicino casa sua, a Imperia, e consigliava al proprietario quali lp ordinare, ai clienti cosa comprare. A seconda dei suoi gusti, della musica che ascoltava in quel periodo, faceva girare canzoni e autori. Aveva iniziato a fare il suo lavoro, il discografico.
Descrivere la carriera di Senardi in poche righe non è semplice. Ci proviamo: parte dalla CGD (Compagnia Generale del Disco), per passare alla Warner, e infine diventare presidente di Polygram. Poi fonda la Nun Entertainment, dirige Radio Fandango di Procacci. Oggi è consulente artistico di alcuni Comuni, tra cui la sua Imperia e Acqui Terme. Ha lanciato i Simply Red, lavorato con Madonna, Frank Sinatra, Eric Clapton, U2, Sting, Prince, Tracy Chapman, Matt Bianco, i primi Litfiba, Vanoni, Tozzi, Raf, Pooh. È anche il manager dei Bluvertigo. E ha contribuito ad organizzare il Live 8 a Roma.
Nelle ultime settimane, tanto per dirne un’altra, è andato a vedere l’incisione di Domani, singolo interpretato da una cinquantina tra i maggiori artisti italiani, il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza per le vittime del terremoto dell’Abruzzo. Cominciamo proprio da qui.
Insomma, c’eri anche tu il 21 aprile alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani, insieme al gotha della musica italiana.
«Sì, non ho avuto una parte attiva, mi sono semplicemente messo a disposizione. Anche perché ho lavorato con almeno una quarantina dei cinquanta artisti che hanno partecipato. È stato anche un modo per vedersi e stare insieme. Io, tra l’altro, ho pubblicato la versione originale di Domani, con Mauro, nel 2003. La nuova versione è stata ridepositata in modo da devolvere tutti diritti per l’Abruzzo. È una cosa straordinaria, l’operazione più grossa di questo tipo fatta in Italia».
Che infatti è stata paragonata a Usa for Africa, alla mitica We are the world.
«Considerando le proporzioni dei paesi, l’operazione italiana è ancora più grossa. E poi c’è anche un video molto bello. Speriamo che ne vendano tante copie».
Ma torniamo in quel negozio di Imperia. Come hai iniziato?
«Facevo il liceo, poi l’università. Nel fine settimana andavo da Paolo Verda, questo il nome del proprietario, a dare consigli. La passione per la musica era nata prima, a 14 anni ho iniziato a vedere concerti: ricordo uno dei primi, Elton John a Genova. Ascoltavo anche tanto progressive: il Banco, la PFM. Per non dire dei Rolling Stones, li avrò visti 18 volte».
Poi sei partito da Imperia…
«Rispondendo a un annuncio sul Corriere della Sera. Cercavano un ragazzo milite esente, automunito, che sapesse l’inglese, residente a Bologna. Non avevo neanche uno dei requisiti, ma li ho convinti».
CGD, Warner; Polygram. Ne avrai viste tante in quegli anni.
«L’esperienza con Caterina Caselli alla CGD (Compagnia Generale del Disco) è stata fondamentale. Dopo 5/6 mesi che ero lì mi hanno messo a lavorare con lei, e ho imparato tantissimo. Alla Warner, invece, mi occupavo del marketing europeo. Mentre la Polygram ha fatto un salto incredibile negli anni in cui ci lavoravo, eravamo i numeri uno. Poi, quando la Universal ha comprato la Polygram sono uscito e ho fondato la Nun Entertainment. Oggi ho lasciato le mie quote».
Fuori i nomi: chi ti è rimasto impresso in quegli anni?
«Ho lavorato con gente tipo Madonna, Prince. Ricordo un incontro straordinario con George Harrison, e un Sanremo in cui portai tanti artisti, tra cui A-ha e Manhattan Transfer. Con i Litfiba degli anni d’oro siamo passati da 4000 a 400.000 copie, ho seguito il ritorno di Pino Daniele con l’album Un uomo in blues. Con i Simply Red ho un rapporto strettissimo da molti anni, che continua. C’è però un progetto che mi è rimasto nel cuore: l’etichetta Black Out, che faceva parte di Polygram, con cui io e Giuseppe Galimberti – che oggi non c’è più – lanciammo Afterhours, Negrita, Carmen Consoli, CSI e altri. Tanti dei migliori artisti italiani di oggi».
Le cose sono cambiate. La discografia boccheggia. Come vedi il futuro?
«È un modello di business superato, che non ha più senso. Oggi l’attenzione è spostata verso il live, nel concerto. Ma è un mestiere difficile, che bisogna conoscere bene. Chi viene dal mondo della musica dal vivo può fare discografia, il contrario è più complicato».
Cose tipo X-Factor, a cui tu hai partecipato, sono un’alternativa?
«L’impianto gara e le interpretazioni non sono un modello nuovo. La produzione ha fatto un lavoro fantastico. Ma la cosa più forte è il trio di giudici. E poi Morgan è un fuoriclasse, ha portato una linea di discussione alta sui generi musicali, discussioni interessanti. Insomma, è il primo programma che parla di musica in TV».
E tu che progetti hai?
«A Imperia e Acqui Terme sto portando avanti alcune iniziative artistiche. Spero di portare a Sanremo un progetto che ho fatto in collaborazione con Pepi Morgia per il Salone del Libro di Torino, che si chiama Libri in Musica. Insomma, è dal ’79 che giro, mi piacerebbe fare qualcosa per la Liguria. Anche per Genova, magari».